Non ricordo più il numero delle potature,
ricordo la nascita, le ferite, le visioni.
Giovane e dritto, la corteccia liscia,
mi specchiavo nella buca scavata per irrigare.
Poi gli anni sempreverdi e i nuovi nodi,
e loro, nascere dopo anni e annunci di fiori,
verdi, poi rosso vinoso, poi neri,
li ho sentiti cadere, per colpi di pertica o stanchezza,
frangere con la zappa e caricare maciullati
su un carro diretto al torchio e al frantoio.
Ho dentro di me lo sfrigolio della pietra
arenaria venata di quarzo, o granito,
la macina fissa, quella mobile che ruotava
ad acqua, azionata da un canale,
o a sangue, mossa da un asino o un mulo,
con gli occhi bendati per non farlo impazzire:
così per anni ho visto i miei figli morire
e il tronco mi si svuotava e corde nodose
hanno coperto la mia corteccia come rughe,
strazio linfatico, dolore vegetale.
Eppure è per loro che ho superato gli incendi e le gelate,
la fumaggine, il cancro, l'occhio di pavone,
più volte sono incanutito per la calce spruzzata
per combattere la rogna, ho resistito
alla mosca olearia, non so se per il fuoco
acceso dal contadino agli alberi malati
o per l'arrivo sciamante della cincia bigia
che ne distrusse le larve e poi volò lontana.
Li ho visti rigenerati, brillare
sui glutei e le cosce delle schiave numìde,
sui pettorali e i tricipiti degli atleti,
negli occhi di chi si immergeva per scrutare i fondali,
vincendo l'astio e l'arsura del sale,
li ho visti scendere, goccia a goccia, scivolare
nella lucerna di chi piangeva un perduto.
In loro ho vissuto la mia trasformazione
e la memoria della colomba sulle acque pacificate,
e del mio ramo cinto sul capo di un saltatore,
ricordo, per quella strana pietà minerale
che sale dalle radici fino al fiore.
Ma una sera ho visto qualcosa che superava
la mia memoria e la sopportazione,
e che mi ha schiuso la conoscenza degli umani
(le ancelle, le schiave, i lottatori, i volti impressi
nelle lucerne, i vivi e i trapassati),
quando sudò e pianse stille di sangue,
sotto di me, abbracciato ai miei piedi:
per lui, per lui piango e godo per loro.