“ … Le storie degli uomini sono a volte cariche di gioia e di speranza, ma - purtroppo più spesso - mostrano ciò che la mente si rifiuta di sentire: la presenza della sofferenza e del dolore nella vita di ognuno …”
MUSEO “LUDOVICO NOIA” DELL’ARTE OLEARIA E DELLA CULTURA CONTADINA
“…Le storie non sono inventate da noi, ma piuttosto inventate dalla vita e catturate su un pezzo di carta per farle rivivere ,fino in fondo, a ognuno di noi più pienamente, attraverso la scrittura:sono storie dimenticate che rinascono spontaneamente nella memoria, un soprassalto di ricordi e di commozione, come una cara reliquia, da cui parte una storia che consente di rivivere il passato, di ritornare alle persone incontrate e vissute nella nostra vita, perché, chi un giorno ha tanto amato, torna sempre indietro…".
Una famiglia di musicanti: I Giuvannjilli
di Antonio Raimondi
“…Le origini della musica appartengono ad un passato che ci è oscuro, precedono la nascita delle prime civiltà, dei più antichi villaggi agricoli. Nata dal bisogno di partecipazione alla collettività, dalla necessità di una maggiore aggregazione, per comprendere l’interrelazione dei fenomeni dell’universo e la collocazione dell’uomo al suo interno e per scandire ritualmente i diversi eventi della vita; la musica dà espressione a pensieri ed emozioni troppo elevati e intensi per i nostri linguaggi rudimentali…”
Ci sono immagini forti dell’infanzia che restano scolpite nella memoria, suoni che al viaggiatore stanco offrono serenità e riposo in una sorta di dolce oblio, di limbo terreno a cui l’anima ed il corpo piacevolmente si abbandonano. Ma queste visioni oniriche, più di parole scritte o di una voce ascoltata con fugace distrazione, restano nella mente dell'individuo come figure, tracce, ricordi di esperienze vissute: come volti. Storie passate, a volte troppo lontane nel tempo, ma dal significato profondo e imperituro. Sono i suoni e le immagini del “ mio Paese ” che si sbriciolano nel tempo in tante piccole emozioni. Quieti declivi adagiati da sempre in fondo al cuore con la loro malinconia: come il sorriso sbilenco e la sotterranea amarezza degli occhi dei nostri vecchi affacciati nei vicoli che ricordano la pietra viva dei muri a secco o le sedie impagliate lasciate sull'uscio di casa dalle nostre madri a raccontare la loro vita di stenti ed a testimoniare la lotta di sopravvivenza quotidiana. E quando, in un giorno di festa “ ricordata ”, la solitudine morde la vita, c’è un’ora , però, in cui l’aria profuma d’inverno e la sera s’accende presto di luci, sì …è proprio quando le prime ombre della sera scendono a lenire le pene dei troppi usci da tanto tempo chiusi alla luce del sole, sì...proprio in quell’ora in cui le vecchie del vicinato recitano il rosario, sedute all’ombra di un androne ( u spùurti ), che mi capita, da qualche tempo, d’incontrare lungo il selciato di “ via delle mura ” un uomo, anzi un’ombra che sorretto dal suo bastone si reca al Museo , per ritrovare tra quegli oggetti scomparsi un conforto ai suoi giorni tristi…e la speranza per Lui di ritrovarvi uno scorcio della propria vita… i colori dell’arcobaleno…..la propria colomba che vola ancora nell’ armonia del vento....per farsi ancora incantare dalla suggestione di questi spazi sospesi tra la vita e la morte. Un incontro è sempre qualcosa di bello, alcune volte poi è anche qualcosa di grande. Si incontra un maestro, un amico, una persona cara. L’incontro è atteso, è vissuto intensamente, viene poi ricordato, lascia una traccia, a volte addirittura trasforma e ti cambia la vita. Come l’amore degli altri, ha una forza lenitrice della sofferenza e del dolore ed è costruzione di un legame forte ed un antidoto alla perdita di speranza. “ L’amore ricevuto e donato resta il principale legame con la vita ”. Purtuttavia, quando la fatica dell’attesa dell’incontro che poi favorisce il dialogo, l’ascolto, l’amicizia, l’affetto diventa troppo pesante da sopportare, lo trovo seduto sugli “ scaloni ” di pietra della sua casa contadina, sovrastati da un angolo di muro ingentilito da ciuffi d’erba spontanea e macchie di muschio che scendono lungo le pareti, che legge un vecchio e malandato spartito: il vento fresco della sera gli increspa le pagine e lui sorride alla vita, come quando, ragazzo, seduto all’ombra di un melograno, “ zufolava ” le prime note musicali alla luna... E’ come se due voci raccontassero la stessa storia, una dentro la sua testa ed una là fuori, sotto il cielo azzurro e le nuvole bianche e le ultime rondini che planano sotto gli anfratti delle tegole con precisione diagonale. Il viso ha il colore della ruggine, arso dal soffio amaro degli anni, i capelli radi e la barba d'un bianco dorato, due baffetti sottili, gli occhi neri ancora pieni di luce, perle lievemente appannate da una incipiente cataratta, custoditi da palpebre pietrose come le conchiglie del suo mare. ’Ntonio ‘u Bimbiti, questo è il suo soprannome ed in gioventù ha fatto anche il ” musicante ” suonando il clarinetto nella banda musicale di Giuvannjilli. Più che vivere, ha sognato la vita guardandola da quello squarcio di nuvole dove arrivavano un tempo le note della sua musica.
- Buonasera cuggì . Le senti le note dei miei compagni musicanti tra questi vicoli ?
- Sì …Le sento, sono come un canto d'amore che si levano per le vie del paese.
- Te lo ricordi il “ capobanda ” , Giuvannjilli.
- Sì...Giuvannjilli…un raffinato suonatore di bombardino…il famoso controcanto… un vero maestro di suoni e di armonie… un piccolo genio che prendeva la musica dall’aria e la portava in ogni casa …che cercava di renderne l'intima poesia , perchè solo così pensava che si potesse educare al culto del bello l'anima popolare dei suoi paesani. Quando i suoi musicanti…u Musso con la “ Crancascia ”, Panzarella con il “ Basso ”, Mast Livrieri con il “clarino”, Pippini u Sciascini con il “Corno”, Narduzzo u Pippone e Biase con la “tromba” ed ancora “Scepparrillo”, Michele u Curglianese, Filippo Castrovillari, Michele Bunnanzio, Friddinanno suonavano, sembrava di assistere ad un miracolo di variazioni musicali… con effetti sorprendenti per l’atmosfera di allegria che creavano. D’inverno si esercitavano con il lume a petrolio ed il fuoco attizzato… ognuno suonava il suo strumento e parlava con la sua musica…ed a me che abitavo di fronte…le note riempivano i ricordi della vita ed io in quell’armonia di suoni continuavo a dormire il sonno dell’innocenza…
- Sì… Certe notti rivivo spesso nei miei sogni quelle scene lontane, le zampogne che lamentavano una nenia nei giorni di festa grande davanti al sagrato della chiesa Madre insieme ai musicanti…le “ carcasse e le battamure ” che sparava zio “ Gaetano i Dondero ”… mentre la Madonna del Rosario…al capo la sacra corona… sulle spalle un ampio mantello, con il quale protegge, coprendo, coloro che a lei si affidano… ai piedi ramoscelli d'olivo e nelle mani rami di alloro… usciva in una lenta e solenne processione…percorrendo i suggestivi angoli del dedalo di viuzze del "cuore" antico trebisaccese.
- Sì…La “Madonna del Rosario” vestita di “ rosso ” per ricordare a tutti gli uomini il sangue versato dal figlio per la loro salvezza…fonte di sentimento di pietà…di onore…di rispetto ed umiltà…d’impegno spirituale di una comunità devota…il suo dolce volto di madre ha accompagnato la mia vita di musicante…è parte della nostra storia, quella che - stanne sicuro – anche tu ti porterai dentro a lungo, perché è immagine di tenerezza infinita d’un volto, d’uno sguardo, d’una carezza lieve di mano sul seno d’una vergine madre in attesa del figlio…una rappresentazione di Madonna così terrena da farti venire le vertigini… madre benevola e sorridente … che ci accompagna sulla via della croce ma anche della speranza.
- Si è vero…la specificità di un popolo la si vede soprattutto ed ancora con più profondità nei valori magico-religiosi che esso attribuisce ai fenomeni naturali, alle superstizioni, ai momenti di felicità, di dolore e a tutta quella miriade di piccoli gesti, di nenie e di devozioni affidate ormai soltanto alla memoria di un popolo pio e devoto. Un legame ancorato ai momenti principali della vita individuale e collettiva come i battesimi, i matrimoni, le ricorrenze religiose.
- Sì … pensieri …emozioni del viaggio terreno nella vita di ognuno di noi....non tra terre o mari vicini e lontani ma solo e sempre nelle stanze profonde della nostra anima…un incantesimo fatto di nostalgia…di canti e di ricordi. Ma “I ricordi sono nella nostalgia. E la nostalgia è memoria che traghetta i sentimenti e le emozioni in una passione che ci fa vivere” (Grisi)
- Sì ...ad ogni festa i musicanti confluivano coi loro strumenti di ottone lucidati a nuovo che si portavano in spalla in quel bellissimo teatro naturale “ davanti la chiesa ” addirittura all'alba ed iniziavano ad incantare i paesani con le loro sonorità improvvisate e riscaldate da un bicchiere di vino di cantina…iniziano gli accordi e gli strumenti,che brillano al sole come oro zecchino, si confondono in un crescendo continuo di “soffi” che modulano l’aria come un respiro …quando non uno spartito ma quello che si sente dentro diventa suono ed armonia interiore… concerto di emozioni…storia di popolo trasfigurata in musica.
- Sì…Lo ascolto con gioia quest’uomo fuori dal tempo…e mentre lo seguo nei suoi ricordi…mi immergo in nuovi colori e lascio il mondo al di fuori delle mura che stiamo percorrendo… attratto da una strana melodia che coinvolge e stordisce …sento il respiro delle note di un vecchio clarino che si rincorrono di vicolo in vicolo…ricamando tenere melodie sul velo nuziale di giovani spose… suoni intrisi di ricordi e malinconie…come grida di bambini ormai vecchi sembrano accompagnare questa musica che nutre l’immaginazione …che riempie la mia mente confusa, che ispira sentimenti intensi, che invita a continuare ad ascoltare…come una volta dalle finestre spalancate o dai balconi ornati di tappeti e coperte fiorite…o dai piccoli altari addobbati con fiori di oleandro dai variopinti colori (“ sabburchi ”) …si ascoltavano i canti mariani e di supplica della processione della Madonna del Rosario. Musica che emoziona, per immagini e suoni…armonia che accarezza e che invita a restare…volo di un eterno istante… parole e canti di donne e uomini che chiedevano una grazia… musica celestiale che ti accompagna alle porte del Paradiso...e lì ti chiede di restare …armonia che esce dai confini dove l’uomo tenta invano di racchiudere il suono per entrare in nuove dimensioni regalandoci nuove sensazioni e nuove percezioni…note che ti raggiungono e scorrono dentro …parole, canti e suoni di un popolo semplice e devoto che continuano a vibrare e come sogni diventano parte di noi…e così la vita diventa …un mare azzurro, cielo ed essenza dei luoghi e del tempo in cui abbiamo vissuto…legame e radici per la propria terra…linee di orizzonti su cui si distendono file di ulivi secolari…bianche masserie ombreggiate da gigantesche siepi di lentisco, agave e fichidindia. Silenzi e nenie di grilli e cicale…odore leggero di “ frese ” con olio ed origano…sguardi misteriosi delle nostri madri...in attesa dell’eterno fluire del tempo…il dono di “un’immaginetta”…quella che tua nonna ti regalava nei momenti solenni della tua vita…come la prima comunione…il canto di un “ trainiere ” all’alba… il vento tra i comignoli… preghiere e litanie… mormorio di campane …donne vestite di nero e i capelli avvolti sul capo…le anfore ”gummile e ciarroni” poggiate sui fianchi o in equilibrio sulla testa… a piedi scalzi con i propri morti appesi al collo…la carezza dei tasti di un clarinetto…per vedere uscire quelle note che appartengono al cuore antico di Trebisacce… come i mandorli e gli ulivi e gli aranceti e le mani benedette della Madonna del Rosario che stringono al suo Cuore di Madre i suoi figli devoti e benedetti…
-Sì…Ci mancherà la musica della Banda di Giuvannjilli…ci mancherà come un tramonto rosso fuoco che lui ha saputo riempire con una “ nota ” di colore in più, che quando cerchi definire che cosa sia si spegne nel crepuscolo della sera…come ultimo sussurro dell’anima… come brezza primaverile…come l'impronta di un pettirosso sulla neve. Ci mancheranno i suoi suoni a volte esagerati e squillanti della festa, che mettevano allegria nel cuore, a volte i suoni antichi, calmi e ritmati, espressione del dolore di un funerale, un’altalena di equilibrio e disequilibrio, tra euforia e tristezza…un viaggio comunque nella memoria antica del nostro paese …un canto di emozioni …che ci entra dentro, che ci confonde…fascino antico di quella musica di “ Giuvannjilli ” che non si ascolta, ma si sente nel cuore… note che cadono sui tetti delle case come gocce di rugiada.. dolce sinfonia che si espande nell'aria fresca delle sere all’aperto nel vicinato ed accarezza e scalda il cuore…dei giovani innamorati che si tengono per mano. E noi bambini dietro con il vestitino della festa, tra luminarie e palloncini colorati ed il sorriso benevolo della Madonna portata a spalla, a rincorrere questi suoni quasi fossero piccole lucciole disegnate sulla tela dei nostri sogni.
Quando ritorna a casa non è felice ‘Ntonio u Bimbiti, ma è contento…di avere raccontato quel “sogno di bellezza” nutrito fin dall’infanzia …come una “nota musicale” pura che comprende tutte le note del mondo e di aver ricordato quei musicanti che non ci sono più, o quelli ancora vivi ma vecchi, che hanno fatto la storia della banda ognuno con le proprie forze e la sua dignità. Ma quelle sue labbra che hanno cantato la vita e la morte aspettano ancora di suonare il repertorio vastissimo degli ingialliti spartiti di musica, quelli che gli hanno lasciato in eredità i vecchi musicanti scomparsi per continuare a vivere quell’ emozione di gioventù fatta di...profumi, gesti, suoni, sensazioni, sguardi,voci…eterna magia di “un musicante folle che partorisce musica da ogni sasso che incontra” ( LA TEMPESTA di William Shakespeare). L’unica cosa rimasta da fare,comunque per ora, sarà restarsene seduto ad aspettare con quel suo tenero sorriso che il respiro del tempo si ricordi di lui e della sua musica…senza troppa nostalgia. Sulla sua veranda si sta bene. Si vede il mare e la Sila greca. Gli piace guardare i gabbiani che si buttano in picchiata sull’acqua e il vento che disegna i mulinelli di sabbia… ascoltare il silenzio ovattato di questa baia dei saraceni… ma sopratutto il suono aspro della risacca che gli ricorda la sua musica e quella dei suoi vecchi compagni della Banda di Giuvannjilli.
…Mentre lo lasciavo, in quella sera dorata, ho sentito un intenso profumo di zagare e oltre l’orizzonte le luci delle lampare che brillavano su l’infinito azzurro di un mare e di un cielo che si abbracciavano e si confondevano nella memoria indefinibile delle cose perdute…come la musica della Banda di Giuvannjilli…che si espandeva nell’aria…come dolce carezza di luna. Poesia del ricordo e delle emozioni… poesia mormorata… poesia raccontata… soprattutto dalle note del clarinetto di ‘Ntonio u ‘Bimbiti.
Quanto amore, quanto dolore, quanta passione ha espresso negli anni “ La Musica” della Banda di Giuvannjilli .